Se i tuoi bambini non vogliono mangiare è colpa del colore del piatto: sono queste le tonalità da usare

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A volte non è colpa dei bambini se non vogliono mangiare, ma del colore del piatto. E c’è una valida spiegazione scientifica in merito.

I piatti non sono solo contenitori: sono parte della scena, del racconto che accompagna il cibo. Hanno il potere di influenzare la nostra percezione, non tanto per la scienza dei colori, ma per l’atmosfera che evocano. Un piatto scelto bene parla prima ancora del sapore di ciò che contiene.

Il bianco, ad esempio, è il grande classico. Pulito, elegante, mette in risalto i colori del cibo e dona un senso di ordine. È come una tela neutra su cui lo chef, o chiunque cucini, può “dipingere” liberamente. Ma a volte serve qualcosa di più.

Il blu, il verde, le tonalità terrose portano invece emozioni diverse: il blu calma, il verde richiama la natura, il marrone dà un senso di rusticità e calore. Un piatto scuro rende il cibo più scenografico, quasi teatrale, come se invitasse a una cena lenta, contemplativa.

Scegliere il colore di un piatto, in fondo, è un gesto di stile e di umore. Non serve conoscere la teoria: basta lasciarsi guidare dal contesto, dal momento e dal tipo di storia che vogliamo raccontare a tavola. Perché ogni colore, come ogni piatto, comunica qualcosa di noi.

Quando anche il piatto ha qualcosa da dire

A volte si tende a pensare che il protagonista della tavola sia solo il cibo, ma basta fermarsi un attimo per accorgersi che non è proprio così. Anche il piatto, con la sua forma e il suo colore, ha una voce. È come la cornice di un quadro: se scelta bene, fa risaltare l’opera; se sbagliata, ne cambia completamente il tono. E non serve essere chef o designer per accorgersene, basta un pranzo con amici per capire che un piatto scuro può rendere tutto più “elegante”, mentre uno chiaro regala leggerezza.

C’è qualcosa di affascinante nel modo in cui il colore di un piatto può modificare la percezione di ciò che contiene. È una di quelle cose che sembrano irrilevanti finché non ci si fa caso, e poi non si riesce più a ignorarle. Forse è per questo che i ristoranti curano tanto la presentazione: sanno che la vista arriva sempre prima del gusto. E in fondo, la tavola è anche questo: un piccolo teatro dove ogni dettaglio racconta un’emozione diversa.

Colore, forma e non solo!

Secondo un articolo pubblicato da The Wholesale Group, il colore del piatto gioca un ruolo sorprendente nella percezione del gusto. I toni caldi come rosso, arancio, giallo tendono a stimolare l’appetito e rendono il cibo più “vivace”, quasi più buono solo a guardarlo. I colori freddi, invece, come il blu o il verde, calmano e invitano alla lentezza, ma non sempre accendono la fame allo stesso modo. Il bianco resta la scelta più neutra: elegante, discreto, fa risaltare tutto ciò che vi si posa sopra. Interessante anche un esperimento citato: persone particolarmente selettive nel cibo trovavano gli snack più salati se serviti in ciotole rosse o blu rispetto a quelle bianche, una sfumatura percettiva che dice molto sul legame tra mente e appetito.

Ma non è solo una questione di colore. Anche la forma del piatto ha il suo linguaggio. Quelli rotondi, con bordi morbidi, comunicano comfort e familiarità, quasi un richiamo alle cene di casa. I piatti quadrati o dalle linee più rigide, al contrario, danno un’impressione moderna, sofisticata, da cucina “d’autore”. E sembra che la forma influenzi perfino il modo in cui si interpreta il sapore: linee curve associate alla dolcezza, angoli spigolosi alla sapidità.

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