Ridurre l'errore non è sempre la cosa migliore: nuovo studio ripensa completamente il modo in cui facciamo le previsioni

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Nel mondo della previsione scientifica, si è sempre pensato che ridurre l’errore fosse l’obiettivo principale. Ma un nuovo studio mostra che a volte puntare esclusivamente su questo parametro può portare fuori strada. 

La matematica che guida i modelli predittivi si basa da decenni sul principio della minimizzazione dell’errore: meno scostamento c’è tra un dato osservato e un valore previsto, meglio funziona il modello. Questo approccio, spesso implementato con metodi come i minimi quadrati, si è rivelato efficace in moltissimi contesti.

Eppure, in alcuni ambiti, come la medicina, la biologia e le scienze sociali, la precisione media non è sempre sufficiente. Serve un allineamento diretto con la realtà osservata, e non solo un risultato “statisticamente corretto”. Un gruppo di ricercatori guidato dal matematico Taeho Kim, dell’Università di Lehigh, ha sviluppato una nuova metodologia chiamata Maximum Agreement Linear Predictor (MALP). 

A differenza degli approcci classici, questo metodo non cerca di minimizzare semplicemente la distanza tra i valori previsti e quelli reali, ma di massimizzare la loro concordanza. In altre parole, valuta quanto strettamente le coppie previsione-realtà si allineino lungo una linea ideale: quella a 45 gradi su un grafico a dispersione, dove ogni valore previsto coincide perfettamente con quello osservato.

Alla base di MALP c’è il coefficiente di concordanza di Lin, una misura che unisce precisione e accuratezza in un unico indicatore. A differenza del coefficiente di correlazione di Pearson, che può indicare una relazione forte anche se le previsioni sono sistematicamente spostate rispetto ai valori reali, la concordanza richiede che le previsioni siano non solo proporzionali ma anche sovrapponibili.

Modelli a confronto su dati clinici e biologici

Per verificare la validità del nuovo approccio, i ricercatori hanno applicato MALP a diversi dataset, tra cui immagini oftalmologiche e misurazioni di grasso corporeo. In uno degli studi, è stato utilizzato per tradurre misurazioni ottenute da due dispositivi diversi di tomografia ottica: il vecchio Stratus OCT e il più moderno Cirrus OCT. Il nuovo modello è riuscito ad avvicinarsi molto di più ai valori reali rispetto ai metodi tradizionali, sebbene questi ultimi ottenessero errori medi leggermente inferiori. Lo stesso pattern si è ripetuto nello studio sulla composizione corporea: MALP ha garantito maggiore coerenza con i dati di riferimento, anche quando l’errore medio era marginalmente superiore.

Il risultato più interessante è proprio questo: a seconda di quale sia l’obiettivo, ridurre l’errore o replicare fedelmente la realtà, cambia anche il metodo da preferire. MALP dimostra che non sempre l’approccio “più preciso” secondo le metriche standard è anche quello più realistico. In alcuni contesti, la capacità di aderire al comportamento effettivo dei dati può valere più di una media più bassa degli scostamenti.

Un nuovo criterio per valutare le previsioni

Questo studio apre una riflessione più ampia su come costruiamo e valutiamo i modelli predittivi. La minimizzazione dell’errore ha una lunga storia, ma non è l’unico obiettivo utile. La concordanza, intesa come sovrapposizione effettiva tra previsione e realtà, offre una prospettiva complementare, che potrebbe migliorare l’affidabilità delle previsioni in settori critici, dalla salute pubblica all’ingegneria.

I ricercatori stanno ora lavorando per estendere il metodo oltre l’ambito lineare, con l’obiettivo di sviluppare un Maximum Agreement Predictor più generale. L’obiettivo non è abbandonare i modelli classici, ma integrare nuovi strumenti che permettano di scegliere in modo consapevole l’approccio più adatto, a seconda del contesto e degli scopi della previsione.

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