Il 90% della scienza viene persa, ma ora ci pensa l'AI: salva i dati scientifici dimenticati e li rende riutilizzabili

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L’AI sta facendo passi da gigante, e sta aiutando tantissimo il mondo scientifico. Non si perderà più nessun dato scientifico.

Oggi i dati sono la nuova forma di memoria collettiva, e l’intelligenza artificiale sta imparando a custodirli come farebbe un archivista esperto. Non si tratta più solo di salvare file o riempire server: i sistemi AI riescono a organizzare, prevedere, persino ripulire le informazioni, riconoscendo ciò che è utile da ciò che può essere dimenticato.

L’archiviazione intelligente non si limita alla quantità, ma alla qualità. Le AI analizzano il modo in cui i dati vengono utilizzati, li distribuiscono su diversi livelli di memoria e ottimizzano gli accessi, così da ridurre tempi e sprechi energetici. È come avere un sistema che sa già dove cercare prima ancora che glielo si chieda.

Un altro aspetto interessante è la capacità di apprendimento continuo. Ogni giorno questi sistemi diventano più bravi nel gestire flussi di informazioni enormi, dai contenuti multimediali ai database scientifici, adattandosi in tempo reale ai cambiamenti. 

Ma dietro questa efficienza c’è anche una sfida: capire dove finisce l’aiuto dell’intelligenza artificiale e dove inizia la responsabilità umana. Perché saper conservare i dati significa anche proteggerli, interpretarli e usarli con consapevolezza. E questa, per ora, resta ancora una prerogativa tutta umana.

La scienza che scompare nei meandri dei dati

Ogni anno, migliaia di studi vengono condotti in tutto il mondo, eppure una parte enorme di queste conoscenze non arriva mai a compiere il proprio destino: quello di essere utile. È un po’ come se il sapere scientifico finisse per dissolversi in un labirinto di fogli Excel e cartelle digitali dimenticate. Secondo Frontiers, come riportato da Science Daily, circa il 90% dei dati scientifici prodotti resta intrappolato nei laboratori o, peggio, va perso del tutto. Il risultato? Cure che procedono più lentamente, modelli climatici meno accurati e ricerche difficili da replicare. Un paradosso, considerando la quantità di risorse e tempo investiti per produrli.

Per cambiare le cose, il publisher scientifico Frontiers ha sviluppato un sistema chiamato FAIR² Data Management, una piattaforma guidata dall’intelligenza artificiale che promette di trasformare il modo in cui i dati vengono gestiti, verificati e condivisi. L’obiettivo è chiaro: far sì che ogni dataset diventi riutilizzabile, tracciabile e riconosciuto. In pratica, riportare alla luce quel patrimonio sommerso che potrebbe alimentare le scoperte di domani, invece di lasciarlo svanire nell’oblio digitale.

Come l’intelligenza artificiale può salvare la scienza

FAIR² si basa sui principi FAIR – Findable, Accessible, Interoperable e Reusable – ma li amplia con una visione più aperta, pensata per garantire che ogni dato sia compatibile con sistemi di AI e possa essere riutilizzato in modo etico e verificabile. Il cuore della piattaforma è l’AI Data Steward, un assistente automatizzato sviluppato da Senscience (la divisione AI di Frontiers), capace di fare in pochi minuti ciò che prima richiedeva mesi di lavoro manuale: organizzare, controllare, creare metadati e generare pacchetti di dati certificati e pronti alla pubblicazione. 

Ogni dataset viene accompagnato da un articolo peer-reviewed, un portale interattivo con visualizzazioni e chat AI, e una certificazione FAIR² che ne garantisce qualità e trasparenza.Tutto viene verificato, reso accessibile e riutilizzabile, con l’obiettivo di rendere la scienza più aperta, più rapida e, finalmente, più riconoscente verso chi produce i dati.

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