A parità di acqua e profondità dove è maggiore la pressione, in mare o in piscina? È una questione di fisica
La risposta lascia più di qualcuno esterrefatto. Ma sono le leggi della fisica a farla da padrona. Ecco cosa hanno appurato gli scienziati
Quando in fisica si fa riferimento alla forza mediante la quale l’acqua riesce a spingersi contro le pareti del recipiente (come ciotole, ma anche vasche) che la contengono, si parla di pressione.
Nelle grandi masse d’acqua, come gli oceani, la pressione può essere egualmente misurata: viene definita, in questo caso specifico, come forza che il peso dell’acqua sovrastante esercita su un punto sotterraneo, immerso.
All’aumentare della profondità, anche la pressione procede a risultare maggiore, e avremo modo di comprendere i motivi, in termini fisici, che conferiscono alle grandi masse idriche del globo tali caratteristiche.
Questa situazione, naturalmente, finisce per produrre effetti diretti sugli organismi marini, i quali sono costretti ad adattarsi, impiegando strutture cellulari che risultino resistenti all’inevitabile compressione.
Un quesito particolarmente interessante
Ipotizziamo che una persona si trovi all’interno di una piscina e abbia raggiunto i 2 metri di profondità e che la stessa si posizioni, in una circostanza differente, allo stesso livello di profondità nel mare. Di fronte ad una simile situazione la domanda che sorgerà spontanea in molti sarà quella relativa alla pressione: dove risulterà maggiore, nel mare o in piscina?
Diciamo innanzitutto che, servendoci della preziosissima Legge di Stevino, la pressione dipende unicamente dal quantitativo idrico che si trova al di sopra di un determinato punto immerso, e non da quello che, invece, lo circonda. Quando un determinato soggetto raggiunge la stessa profondità in entrambe le masse d’acqua, dunque in una circostanza di estrema parità, la pressione risulterà maggiore, ma soltanto leggermente, quando ci si trova immersi nell’acqua marittima.
Tanto minima, quanto impattante
Il motivo? L’acqua salata presenta una densità maggiore, arrivando a produrre si una differenza, ma minima a tal punto da renderla impercettibile dal punto di vista di chi si trova immerso al suo interno. Non è un caso che, analizzando le densità differenti, quella marittima risulti lievemente maggiore (si parla di circa 1025 kg/m³ contro i “soli” 1000 dell’acqua di piscina, proprio data la presenza dei sali disciolti.
A fronte di una differenza quasi irrisoria tra i due casi presi in esame (con 1-2% di variabilità), l’unico elemento che può comportare tale variazione è proprio la densità del liquido, nonostante senza indagini e approfondimenti del caso, sarebbe impossibile stabilirlo e definirlo con assoluta certezza soltanto sperimentandolo “sul campo”.
