Questo è il cibo che mangeremo nello spazio: lo svilupperemo qua nel nostro paese

Andare nello spazio, in futuro, non sarà un problema grazie soprattutto a particolari prodotti creati appositamente per questo scopo.
Quando si pensa agli astronauti nello spazio, non riusciamo ad immaginarci pasti luculliani, ma alimenti compressi e selezionati. E in parte è vero. Il cibo a bordo deve essere pratico, leggero e sicuro, perché nello spazio ogni dettaglio conta.
Gli alimenti vengono preparati a terra e poi trattati con tecniche particolari, come la liofilizzazione o la sterilizzazione, per garantire conservazione e assenza di batteri. Basta un po’ d’acqua calda per ridare vita a un pasto completo.
Non mancano piatti “familiari”: zuppe, pasta, pollo con riso, perfino dolci e frutta secca. L’obiettivo è offrire un menù che dia energia ma anche conforto psicologico, perché il cibo è uno dei pochi piaceri in un ambiente così estremo.
Ovviamente non tutto è permesso: briciole e liquidi liberi possono essere pericolosi in microgravità. Per questo pane e bevande sono pensati in versioni speciali, studiate per nutrire senza rischi. In fondo, mangiare nello spazio è una sfida tecnologica, ma anche un modo per sentirsi più vicini alla Terra.
Cibo…spaziale!
L’idea di coltivare piante nello spazio non è più soltanto fantascienza, ma un tema concreto per chi pensa a missioni di lunga durata sulla Luna o su Marte. L’agricoltura spaziale diventa infatti un tassello imprescindibile: non basta trasportare cibo pronto dalla Terra, serve un sistema che garantisca prodotti freschi, nutrienti e soprattutto adattabili a condizioni estreme.
Da questa esigenza nasce Moon-Rice, un progetto promosso dall’Agenzia Spaziale Italiana, che immagina di trasformare un alimento comune come il riso in una pianta “su misura” per ambienti extraterrestri. La sfida è creare una varietà super-compatta, con radici e steli minuscoli ma capace di dare comunque raccolti utili.
Il cibo del futuro
La strada per ottenere questo riso speciale non è semplice, perché persino le varietà nane tradizionali risultano troppo grandi per gli habitat spaziali. Il cuore della ricerca è concentrato sull’ormone gibberellina, che controlla la crescita: ridurlo troppo porta piante basse ma sterili, mentre serve trovare un equilibrio che garantisca dimensioni ridotte e semi vitali. In questo percorso lavorano insieme tre università italiane: Milano, che ha già isolato linee di riso alte appena dieci centimetri, Roma, impegnata a individuare geni che regolano architettura e produttività, e Napoli, forte di un’esperienza pluriennale nella coltivazione di piante in ambienti simulati per lo spazio.
Il progetto, avviato nel 2024, durerà quattro anni e ha già fornito risultati incoraggianti, come confermato dall’ASI. Il riso “super-nano” non sarebbe utile solo per i futuri coloni lunari: potrebbe servire anche in contesti terrestri difficili, dai deserti alle zone polari.