Questa specie aliena sta invadendo i nostri mari: tra non molto la troveremo sui nostri piatti

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Le specie aliene sono un problema per gli ecosistemi, eppure tra non molto faranno parte della nostra dieta.

Quando si parla di specie aliene non si intendono creature venute dallo spazio, o da luoghi sconosciuti, ma organismi viventi che arrivano in un ambiente dove non erano presenti in origine. Possono essere piante, animali o microrganismi, trasportati dall’uomo volontariamente o accidentalmente.

Dal punto di vista biologico, una specie aliena trova spesso nel nuovo habitat condizioni favorevoli: pochi predatori naturali e abbondanza di risorse. Questo le permette di riprodursi rapidamente e diffondersi con grande facilità.

Il problema nasce quando queste specie diventano “invasive”. In quel caso competono con le specie locali, modificano gli equilibri ecologici e possono persino minacciare la biodiversità. 

Alcuni esempi noti sono il gambero rosso della Louisiana o la zanzara tigre, ma l’Italia (e non solo!) è ricca di specie aliene. E studiarle significa capire non solo come si adattano, ma anche come gli ecosistemi rispondono alla loro presenza. 

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Un problema da non sottovalutare

Negli ultimi anni il Mediterraneo è diventato un palcoscenico di nuove presenze, alcune affascinanti e al tempo stesso problematiche. Il caso più emblematico è quello del pesce scorpione, noto anche come lionfish, segnalato per la prima volta in acque italiane nel 2016, dopo che l’ISPRA aveva già lanciato un’allerta in seguito al suo avvistamento in Tunisia. Questo animale, originario del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano, è entrato nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez e si è diffuso con una rapidità sorprendente, tanto da suscitare timori per l’equilibrio degli ecosistemi.

Non si tratta di un pesce qualunque: le sue pinne ornate da spine velenose lo rendono un predatore temuto, capace di impattare pesantemente sulla biodiversità marina. Le ricerche condotte da ISPRA, CNR e dall’American University of Beirut, pubblicate nel 2017 su BioInvasion Records, hanno ricostruito la velocità della sua espansione nel bacino. Nel frattempo, altre specie aliene sono comparse nei nostri mari, come il pesce palla maculato e i due pesci coniglio. È nata così la campagna “Attenti a quei 4!”, lanciata da ISPRA e CNR-IRBIM per sensibilizzare cittadini, pescatori e subacquei, invitati a fotografare e segnalare questi nuovi arrivati.

Una soluzione a questo problema

Se l’aspetto minaccioso del pesce scorpione incute un certo timore, c’è anche un lato inatteso che emerge dai comunicati ufficiali degli enti di ricerca. L’ISPRA, già nel 2017, ricordava che la specie, pur dotata di spine velenose attive fino a quarantotto ore dopo la morte, è in realtà commestibile e può essere cucinata in vari modi. La raccomandazione, naturalmente, è di prestare estrema attenzione nella pulizia per evitare punture, che possono provocare dolore intenso e, nei casi peggiori, sintomi sistemici come febbre o difficoltà respiratorie.La campagna “Attenti a quei 4!”, rilanciata nel 2022 e aggiornata nel giugno 2025, ha ribadito il concetto: il pesce scorpione, così come i due pesci coniglio, è commestibile, mentre il pesce palla rimane tossico e quindi non utilizzabile in cucina.

La carne del pesce scorpione, infatti, secondo l’Hellenic Center for Marine Research e il WWF, è sicura e pregiata, basta fare attenzione alle spine velenose. In Grecia già alcuni ristoranti lo servono, anche se i clienti sono ancora diffidenti. E come riportato da La repubblica, l’ittiologo Francesco Tiralongo dell’Università di Catania ricorda che lo stesso approccio è stato usato con il granchio blu, trasformando un’invasione in risorsa economica.

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