Apocalisse, forse siamo in tempo a fermarla: stanno morendo ed è colpa nostra
Questa categoria di esseri viventi si trova ad affrontare uno dei problemi di maggiore difficoltà nella propria storia. Potrebbe scomparire da un momento all’altro.
Scientificamente, la scomparsa definitiva di una determinata specie è nota con il termine di estinzione. Sebbene si tratti di un processo totalmente naturale, che ha coinvolto il corso della storia e degli esseri viventi sin dagli albori (basta pensare ai dinosauri), la situazione odierna preoccupa come non mai.
Il motivo è da ricercare nell’eccessiva velocità con cui sempre più specie e nel giro di un lasso di tempo sempre più contratto stiano progressivamente abbandonando i propri habitat, per una serie di motivi imputabili soprattutto all’influenza antropica, esercitata dunque dagli esseri umani, sui vari ecosistemi globali.
Processi quali la deforestazione, con la spesso successiva urbanizzazione, nonché lo sfruttamento intensivo delle zone agricole, favoriscono la scomparsa precoce, alimentata ulteriormente da cause direttamente connesse, anche in questo caso, dalle attività svolte dall’uomo.
L’inquinamento provocato dalla diffusione nell’ambiente di pesticidi e sostanze tossiche conduce a veri e propri stermini di intere famiglie. Lo stesso, in modo ancora più diretto, si può dire in merito a pratiche quali bracconaggio e caccia.
Cosa è stato scoperto?
Un gruppo di ricercatori provenienti dall’Okinawa Institute of Science and Technology si è reso protagonista di uno studio, i cui risultati sono successivamente stati pubblicati su Science, basato sull’utilizzo di uno specifico approccio di genomica di comunità che permettesse di esplorare formiche abitanti l’arcipelago delle Fiji, in modo da comprendere, fruendo di una visione più chiara, quali fossero le tendenze della biodiversità relativa agli insetti, correlatamente alle reazioni evolutive e alla storia della specie che oggi trova la sua casa proprio tra le isole dell’Oceania.
Il monitoraggio delle biodiversità si concentra generalmente su categorie di animali di dimensioni inferiori, ma il sospetto declino demografico, una potenziale piaga che starebbe minando la sopravvivenza di molte specie di insetti, ha persuaso i ricercatori a spendere risorse e tempo proprio concentrandosi su questi.
Quali sono le ragioni della “crisi”?
Il Dottor Evan Economo dell’Università del Maryland ha esposto la difficoltà, quantomeno teorica, nell’effettuare una chiara stima dei cambiamenti nelle popolazioni di insetti, ma la possibilità di sfruttare un approccio innovativo per approfondire il sistema sta garantendo la possibilità di analizzare parallelamente i genomi di varie specie. Grazie a tale modus operandi è stato possibile comprendere, con enorme sorpresa da parte degli esperti, come il 79% delle specie endemiche si trovi ad affrontare un progressivo declino, che ha avuto inizio a partire dalla presenza dell’uomo sulle isole, della successiva colonizzazione e del commercio globale. I modelli di genetica della popolazione impiegati hanno permesso di identificare picchi di declino o aumento della popolazione, evidenziando come le specie non autoctone siano state caratterizzate da una crescita nel corso delle ultime annate, contrapponendosi al trend fortemente negativo che ha, invece, riguardato le specie endemiche insulari. Il motivo è da ricercare anche in alcuni tratti caratteristici di queste ultime, che finiscono per renderle fortemente sensibili rispetto ai cambiamenti ambientali. A riportarlo è un articolo pubblicato da ScienceDaily.