Troppo ghiaccio nei cocktail, ogni volta ci sentiamo truffati ma c'è un motivo: dopo averlo scoperto non ti lamenterai più

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Per alcuni è anche superfluo, e per altri si tratta di una vera e propria truffa. Eppure, si nasconde un principio che i baristi applicano bene.

Il ghiaccio, oggi onnipresente nei cocktail bar, non è sempre stato così scontato da trovare. Un tempo era un bene prezioso, trasportato da laghi ghiacciati o conservato in apposite ghiacciaie, riservato alle famiglie più ricche e ai locali più raffinati. Solo con la diffusione dei freezer moderni è diventato accessibile a tutti.

La sua introduzione nei drink ha rivoluzionato l’arte della miscelazione. Un cocktail con ghiaccio non è soltanto più fresco: cambia consistenza, intensità e persino estetica. Non a caso, i primi barman che lo utilizzavano fecero scalpore, trasformando un semplice bicchiere in un piccolo spettacolo sensoriale.

Oggi, ordinare un cocktail senza ghiaccio suonerebbe quasi strano. I cubetti sono diventati parte integrante della ritualità del bere: il tintinnio nel bicchiere, la trasparenza brillante e la sensazione di freschezza immediata. Eppure, dietro questa apparente banalità, c’è una lunga storia di innovazioni tecniche e scelte precise.

Il ghiaccio, insomma, non è un dettaglio decorativo ma un protagonista silenzioso. Nei cocktail bar moderni ha un ruolo chiave, e non si tratta di una truffa, come molti credono.

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Il ghiaccio è importante

Ogni volta che ci servono un cocktail con il bicchiere pieno zeppo di ghiaccio, il pensiero scatta subito: sembra che ci sia più cubetti che bibita. E la sensazione, inutile negarlo, è un po’ quella di essere stati imbrogliati. Ma la realtà è meno banale di quanto sembri. Perché sì, si paga la bibita e non certo il ghiaccio, ma la fisica racconta una storia diversa. La quantità di cubetti non è messa lì a caso, e anzi può cambiare del tutto il risultato finale del drink.

Il ghiaccio, di solito, non si trova a zero gradi come si potrebbe pensare, ma a temperature molto più basse. Nei freezer dei locali oscilla infatti tra –6 °C e –18 °C. E proprio questo dettaglio è il punto di partenza per capire cosa accade davvero dentro al bicchiere. Il paradosso è curioso: più ghiaccio c’è, meno il cocktail si annacqua. Al contrario, con pochi cubetti il sapore tende a svanire molto più in fretta.

Cosa succede realmente?

Nel momento in cui i cubetti finiscono nel bicchiere, parte lo scambio di calore. La bibita, più calda, cede energia al ghiaccio. Quest’ultimo, partendo da temperature sotto lo zero, si riscalda pian piano. Arrivato a 0 °C, il ghiaccio comincia a fondere, cioè a passare dallo stato solido a quello liquido. Questo processo richiede energia, e il risultato è che la bevanda si raffredda. Non si tratta quindi solo di una scelta estetica dei baristi, ma di un meccanismo fisico preciso che regola il raffreddamento delle bevande.

Se i cubetti sono pochi, raggiungono molto velocemente lo zero e iniziano a sciogliersi quasi subito. L’acqua che si forma va a mescolarsi con la bibita, che perde in intensità e gusto. Il classico cocktail annacquato di cui ci si lamenta spesso.
Al contrario, quando il bicchiere è colmo di ghiaccio, accade l’opposto. La bevanda si raffredda rapidamente, ma la massa di cubetti è tale che non riesce a sciogliersi completamente. La conseguenza è che il cocktail resta freddo più a lungo e con meno acqua in giro. Ecco perché la soluzione ideale è proprio quella scelta dai baristi: un bel bicchiere colmo di ghiaccio.

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