Questo fungo sa di carne e cresce velocissimo: gli scienziati pensano possa contribuire ad abbattere le emissioni

Questo fungo potrebbe essere la chiave di un futuro in cui mangiare non significa distruggere ambiente e risorse. Una singola colonia di micelio bianco, modificata con cura, promette proteine a basso impatto senza rinunciare al gusto.
Gli allevamenti intensivi sono sotto assedio. Consumo di acqua, sfruttamento del suolo e emissioni di gas serra rendono la carne uno degli elementi più problematici del nostro attuale sistema alimentare. Da tempo si cerca un’alternativa sostenibile che possa soddisfare il bisogno di proteine di un pianeta in crescita. Ora, un gruppo di ricercatori ha messo a punto un fungo che cresce in pochi giorni, ha consistenza da carne e richiede pochissime risorse. Potrebbe essere un passo decisivo verso un’alimentazione diversa.
Il fungo in questione è una variante modificata di Fusarium venenatum, già noto per le sue capacità di produrre micoproteine simili alla carne. Grazie a una tecnica di editing genetico, gli scienziati sono riusciti a renderlo molto più efficiente nella sintesi proteica e decisamente più digeribile.
Il risultato è una fonte proteica che, secondo gli autori dello studio, potrebbe ridurre fino al 60 percento le emissioni legate alla produzione rispetto agli allevamenti tradizionali.Sul piano tecnico la modifica si basa su due interventi genetici precisi. Il primo agisce sullo spessore della parete cellulare, eliminando uno degli enzimi responsabili della sintesi della chitina.
Questo rende le cellule più accessibili all’apparato digestivo umano. Il secondo modifica il metabolismo, riducendo drasticamente la quantità di zuccheri necessari per produrre la stessa quantità di proteina. In sintesi: meno materia prima, meno energia, maggiore resa.
Il potenziale nascosto nelle spore
Grazie a queste modifiche il micelio cresce molto più rapidamente e con maggiore efficienza rispetto alla variante naturale. Gli autori dello studio segnalano che la produzione proteica richiede circa la metà dello zucchero e avviene quasi il doppio più in fretta. A scala industriale questo si traduce in risparmio di energia e risorse, inquinamento ridotto e una minore pressione su terra e acqua. Rispetto all’allevamento di pollame, l’impronta ecologica si abbassa drasticamente: meno terreni coltivati, meno consumo idrico, minori emissioni.
Oltre al profilo ambientale, il fungo modificato conserva le caratteristiche organolettiche che lo rendono appetibile: consistenza e sapore vicini a quelli della carne, facilità di digestione, e un profilo proteico completo. Questo lo rende una delle alternative più convincenti oggi disponibili: non un surrogato, ma un potenziale sostituto concreto della carne animale.
Una speranza sostenibile e una sfida di scala
Se la produzione su larga scala di questo fungo dovesse decollare, potremmo vedere un cambiamento radicale nel modo di nutrirci. Riduzione delle emissioni, riqualificazione delle terre agricole libere da allevamenti intensivi, disponibilità proteica accessibile in aree dove la carne è costosa o difficilmente reperibile.
Ma restano sfide importanti. Occorrerà verificare che la produzione sia stabile, sicura e scalabile. Serviranno infrastrutture dedicate e normative chiare. E soprattutto servirà fiducia: convincere i consumatori a vedere questo fungo non come un esperimento ma come un’opportunità reale.
