Pizza romana o napoletana: per la scienza la migliore è senza dubbio questa, il segreto è nell'impasto

3' di lettura
condividi su

Esistono tantissime tipologie di pizza, ma sono soltanto due quelle “vere”. E solo una di esse però è davvero la migliore. 

La pizza è uno dei cibi più amati e riconosciuti al mondo. Nata come piatto popolare nelle strade di Napoli, ha conquistato ogni angolo del pianeta con la sua semplicità e versatilità. È un disco di pasta lievitata, cotto ad alta temperatura e condito con gli ingredienti più vari, a partire da pomodoro e mozzarella.

Dietro la sua apparente semplicità si nasconde un perfetto equilibrio tra tecnica e creatività. La base deve essere leggera ma resistente, il cornicione ben alveolato, la cottura rapida e uniforme. Ogni pizzaiolo ha la sua ricetta, le sue farine, i suoi piccoli segreti.

La pizza è anche un fenomeno culturale. Racconta storie di tradizione, identità, migrazione. Dalla Margherita napoletana alla deep dish americana, ogni variante riflette gusti e abitudini diverse. È cibo di strada, ma anche piatto da gourmet, capace di adattarsi a ogni contesto.

E poi è condivisione. Si mangia in compagnia, si divide a spicchi, si sceglie insieme. È un rito semplice, ma carico di significato. In fondo, la pizza non è solo da mangiare: è da vivere.

2025-pizza-romana-napoletana-fisica-che-ci-piace

Il dilemma della pizza

Quando si parla di pizza, non si parla solo di gusto. Anche la fisica, in cucina, ha qualcosa da dire. La domanda è semplice ma insidiosa: quale impasto cuoce in modo più uniforme, quello romano o quello napoletano? Per capirlo bisogna guardare a come il calore si propaga durante la cottura. In un forno, il calore arriva alla pizza in tre modi diversi: per conduzione, per convezione e per irraggiamento. Tutti e tre entrano in gioco, ma non con lo stesso peso.

La conduzione è il meccanismo principale: la pizza è a diretto contatto con la piastra, che è incandescente, e il calore passa dal basso verso l’interno dell’impasto. Poi c’è la convezione: l’aria calda dentro il forno si muove, si solleva, si raffredda e ricomincia a circolare, generando i classici moti convettivi. Infine, l’irraggiamento: il calore emesso dalle resistenze incandescenti o dal fuoco stesso che colpisce direttamente la superficie della pizza. In pratica, la pizza cuoce grazie a un mix di questi tre fenomeni, ma è la conduzione quella che fa davvero la differenza.

Qual è la migliore?

Dal punto di vista fisico, la differenza tra un impasto e l’altro è tutta una questione di spessore e uniformità. Il calore, infatti, attraversa gli impasti in modo inversamente proporzionale al loro spessore: più la pizza è sottile, più velocemente si scalda e cuoce in modo omogeneo. Qui sta il punto. L’impasto romano, sottile e regolare, permette una diffusione del calore costante su tutta la superficie. 

Quello napoletano, invece, ha una struttura disomogenea: il cornicione è spesso e soffice, mentre il centro resta sottile e umido. Questo crea inevitabilmente una cottura meno uniforme. In sostanza, per la fisica, la vittoria va all’impasto romano. La sua regolarità favorisce una conduzione del calore più equilibrata e una cottura più omogenea, senza quelle zone bruciate ai bordi o ancora crude al centro che si possono trovare nella napoletana.

condividi su