La luce ci ha ingannati per oltre 200 anni: cosa hanno scoperto gli scienziati

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Per secoli la luce ci è sembrata qualcosa di semplice e ben compreso: un flusso invisibile di energia che illumina, riscalda e consente di vedere. Eppure, quell’apparente semplicità nasconde un enigma che per troppo tempo abbiamo ignorato. 

Quando studiamo ottica e magnetismo, pensiamo alla luce come a un’onda elettromagnetica composta da due campi: uno elettrico e uno magnetico. Nella tradizione scientifica si è sempre dato grande peso al campo elettrico, considerato il principale responsabile degli effetti ottici, mentre l’altro (il campo magnetico) veniva visto come marginale, troppo debole per influenzare realmente la materia. 

Questa visione, consolidata da quasi due secoli di studi, sembrava spiegare in modo convincente fenomeni come la rifrazione, la polarizzazione o l’osservazione di sostanze attraverso prismi e filtri.

Nel corso degli anni si è perfezionata la comprensione dell’interazione tra luce e materia, ma il campo magnetico della luce è rimasto relegato a ruolo secondario. Alcune discrepanze sperimentali sono state attribuite a imperfezioni nei materiali o nelle misurazioni. Il concetto dominante restava: la parte magnetica non conta davvero.

In realtà la luce è un’onda completa, e ogni sua componente (elettrica e magnetica) è fisicamente reale. Entrambi oscillano contemporaneamente durante la propagazione. Solo che, fino ad oggi, la sensibilità degli strumenti e i modelli teorici tendevano a trascurare l’influenza del campo magnetico. Questo semplice fatto ha tenuto nascosto un potenziale intero, perché la materia stessa, in particolare i materiali magnetici, risponde anche a forze magnetiche, non solo elettriche.

Una rivoluzione nel modo di vedere la luce

Un gruppo di ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme ha deciso di rimettere in discussione questo paradigma. Utilizzando un modello teorico sofisticato basato sulla dinamica degli spin atomici in materiali magnetici, hanno analizzato come un’onda luminosa influenzi quegli spin tramite il proprio campo magnetico. Hanno scelto un cristallo noto per la sua sensibilità magneto‑ottica, già utilizzato per studiare la rotazione della polarizzazione della luce in presenza di un campo magnetico esterno.

Durante le simulazioni hanno scoperto che il contributo del campo magnetico non è affatto trascurabile: in certe condizioni può incidere in modo significativo sulla rotazione della polarizzazione. Le loro stime indicano che, nella luce visibile, la componente magnetica può spiegare fino al diciassette per cento dell’effetto osservato; nell’infrarosso la sua influenza può salire fino al settanta per cento. Un risultato che sfida la spiegazione classica dominante da quasi duecento anni.

Una nuova visione ottica e magnetica

La scoperta rovescia una convinzione consolidata: la luce non è soltanto un mezzo per trasmettere energia o informazioni, ma può agire materialmente sulle proprietà magnetiche della materia. Questo significa che attraverso impulsi luminosi, senza bisogno di magneti classici, si potrebbe manipolare lo spin degli atomi, aprendo la strada a nuove tecnologie. Si parla di memorie ottiche, dispositivi spintronici e persino di computer quantistici basati su luce e magnetismo anziché su circuiti convenzionali.

Il campo magnetico della luce, finora ignorato, non è un limite trascurabile ma una risorsa potente. Per oltre duecento anni la scienza aveva tratto conclusioni su una comprensione solo parziale. Ora quella maschera cade, e ciò che appare semplice, un raggio di luce,  si rivela capace di plasmare la materia in modi che solo pochi giorni fa sembravano pura fantasia.

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