Interrogazione insufficiente? Non ti abbattere: fanne tesoro con questi consigli del prof

3' di lettura
condividi su

L’insufficienza può segnare lo stato d’animo di uno studente, ma non sempre è una cosa negativa. E’ un’esperienza formativa!

Le interrogazioni insufficienti fanno parte del percorso scolastico di molti studenti. Non sempre dipendono dalla mancanza di studio: a volte contano l’emozione, la fortuna delle domande o semplicemente una giornata storta.

Dal punto di vista scolastico, rappresentano un segnale. Indicano che qualcosa non è stato acquisito, o che non è stato comunicato nel modo giusto. Per l’insegnante, sono uno strumento di valutazione; per lo studente, spesso una fonte di frustrazione.

Non esiste un solo tipo di insufficienza: c’è quella lieve, recuperabile con poco, e quella più grave, che richiede un ripensamento del metodo. Ma entrambe sono numeri che raccontano qualcosa, anche se non tutto.

Restano comunque momenti frequenti nella scuola. Possono lasciare delusione, certo, ma fanno parte del sistema di verifica. E in molti casi, aiutano a capire dove si è inciampato, senza bisogno di giudizi esterni.

Una partenza che sembra in salita

La prima interrogazione andata male può fare un certo effetto, soprattutto se ci si aspettava qualcosa di meglio o si pensava di essere pronti. Ma in realtà, non è una tragedia, anzi. Paradossalmente, può essere una fortuna. Sì, perché proprio in quel momento arriva la possibilità concreta di guardare in faccia la situazione e dire: ok, adesso è il momento di rimboccarsi le maniche. Meglio rendersene conto subito, quando c’è ancora tutto l’anno davanti, piuttosto che troppo tardi, quando recuperare diventa molto più complicato.

E poi, se ci si pensa bene, se l’interrogazione fosse capitata tra quindici lezioni, magari il voto sarebbe stato pure più basso. E a quel punto anche il compito in classe si sarebbe affrontato con meno sicurezza, forse con più confusione. Quindi meglio così. Meglio questa piccola “scossa” adesso, che ti sveglia per tempo.

Un’occasione da prendere al volo

Il senso è questo: prendere un 5, o anche meno, non è la fine del mondo, ma l’inizio di qualcosa. È il momento in cui ci si guarda allo specchio e si dice, senza giri di parole: “Perfetto. Ho capito. Non mi sto impegnando abbastanza”. È un segnale forte, che arriva dritto. E proprio perché arriva all’inizio dell’anno, può davvero fare la differenza. Chi parte troppo bene rischia di sentirsi già arrivato, chi parte troppo male può abbattersi. Invece stare nel mezzo – né troppo in alto né troppo in basso – ti tiene sveglio. In equilibrio. Reattivo.

E soprattutto: non c’è nulla che manca a chi ha preso un brutto voto. Nessun pezzo fuori posto, nessuna mancanza personale. L’unica cosa che fa la differenza è lo studio. Punto. Basta mettersi a studiare, con costanza, con un po’ di metodo, e i risultati iniziano ad arrivare. 

condividi su