Dentro un plasma più caldo del Sole: ecco dove l’AI ha trovato zone dove non c’è poi così tanto caldo

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L’intelligenza artificiale è entrata ormai in tanti settori, e tra questi la fisica e l’astronomia stanno vivendo una vera rivoluzione. L’uso di algoritmi avanzati permette di analizzare enormi quantità di dati che altrimenti richiederebbero anni di lavoro.

Nei grandi osservatori, per esempio, i telescopi raccolgono immagini e segnali continuamente. L’AI riesce a riconoscere schemi nascosti, identificare galassie lontane o segnali debolissimi che sfuggirebbero all’occhio umano. È come avere un assistente instancabile che non si perde neppure il più piccolo dettaglio.

Anche in fisica teorica gli algoritmi si rivelano preziosi. Servono per simulare fenomeni complessi, testare modelli matematici e persino suggerire nuove strade di ricerca. Strumenti che fino a poco tempo fa sembravano fantascienza, oggi aiutano a risolvere problemi concreti.

L’AI non sostituisce l’intuizione degli scienziati, ma la potenzia. Grazie a questi strumenti, esplorare i misteri dell’universo diventa un compito un po’ più alla portata, anche se le grandi domande, come l’origine del cosmo o la natura della materia oscura, restano ancora tutte aperte.

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Una sfida estrema

Quando si parla di fusione nucleare, l’ostacolo principale non è soltanto ricreare le condizioni del Sole sulla Terra, ma riuscire a tenerle sotto controllo. Dentro un tokamak, il plasma raggiunge temperature che superano di gran lunga quelle stellari, e basta poco perché questo calore metta a rischio materiali e strutture. È qui che arrivano in soccorso strumenti sempre più sofisticati, capaci di analizzare e prevedere scenari che altrimenti sarebbero ingestibili.

Negli ultimi anni, infatti, si è assistito a un vero cambio di passo: invece di affidarsi unicamente a simulazioni complesse e lente, i ricercatori hanno iniziato a introdurre modelli di intelligenza artificiale per accorciare i tempi e migliorare la precisione. Il risultato è una nuova generazione di strumenti, più rapidi e flessibili, pronti a fare la differenza proprio nei momenti critici.

Un alleato intelligente

Un esempio concreto è il sistema HEAT-ML, sviluppato in collaborazione tra il Princeton Plasma Physics Laboratory, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e il laboratorio Oak Ridge. Questo modello è in grado di individuare in tempo reale quelle zone interne al reattore chiamate “ombre magnetiche”, regioni protette dove i materiali non vengono bombardati dal calore del plasma. La particolarità è che il codice tradizionale è stato trasformato in una sorta di gemello digitale basato su AI, capace di rispondere in millisecondi invece che in minuti.

Michael Churchill del PPPL spiega come questa innovazione permetta non solo di progettare tokamak più sicuri, ma anche di reagire durante le operazioni, anticipando i problemi invece di rincorrerli. Lo studio, firmato tra gli altri da D. Corona e pubblicato su Fusion Engineering and Design, mostra come l’unione tra calcolo tradizionale e intelligenza artificiale stia tracciando un percorso nuovo per rendere la fusione un obiettivo concreto e non più solo teorico.

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